domenica 8 gennaio 2012

IL FLUSSO DEL POTERE DI CARLO BREVI























Si immagini una proposta folle. Una persona, non meglio identificata, offre una considerevole quantità di denaro –decine di milioni di euro – accompagnata dalla promessa di esaudire le proprie più grandi ambizioni: fama, successo, il raggiungimento di alte cariche di potere.
Tutto questo a patto di portare a compimento una missione: l’uccisione, per mezzo di un coltello, di tredici bambini di tredici mesi di età, raccolti all’interno di una stanza ben illuminata, dalle pareti bianche. Vi è inoltre l’assoluta garanzia che nessuno verrà mai a conoscenza del gesto commesso, ad esclusione del committente stesso.
Come reagirebbe un essere umano di fronte ad una proposta simile? Sicuramente vi sarebbero diverse reazioni. Una buona parte delle persone, la maggioranza relativa, rifiuterebbe immediatamente con il massimo sdegno ed orrore l’idea di compiere un atto tanto efferato, quale che sia la ricompensa. Un’altra considerevole percentuale invece resterebbe disorientata, rifletterebbe brevemente sui benefici ma in seguito rifiuterebbe, considerando il rito da compiere brutale e disumano. Vi sarebbe poi una parte di persone che dopo lunga riflessione accetterebbe, ma giunta sul posto, col coltello in mano, non avrebbe la forza di procedere.
Un’altra parte ancora rifletterebbe a lungo sulla proposta, accetterebbe e porterebbe a termine il proprio compito, in uno stato di terribile turbamento, tormentandosi per la scelta fatta per il resto della propria vita. Infine, vi sarebbe una piccola percentuale di persone che accetterebbe senza eccessive riflessioni, e finirebbe il lavoro senza problemi e senza ripensamenti.
Si tratta di coloro che la psicologia moderna chiama psicopatici, e il sapere tradizionale “uomini privi di anima”. Molti di loro hanno dato in passato, e tuttora danno, un grande contributo nel delineare le sorti del nostro mondo. La proposta riportata appare per la maggioranza delle persone oltremodo brutale, e molti sicuramente proveranno un forte malessere al solo immaginare l’azione.
Questo succede perché siamo esseri umani,  e possediamo una coscienza, per quanto tale concetto e la sua reale essenza siano oggetto di discussione da millenni a questa parte; ma qualunque sia la sua natura e la definizione che ciascuno vorrà darle, la maggior parte degli uomini possiede la capacità di definire “a priori” un certo tipo di azioni “malvagie”, senza bisogno di far ricorso a delle argomentazioni logiche e senza dover dare spiegazioni dettagliate.
Alcune azioni sono malvagie, e basta. Ovviamente nel corso dei secoli anche gli standard morali possono variare, e il motivo per cui ciò avviene rappresenta un argomento che occorrerà approfondire. Nonostante questo, e per quanto sia largo il margine in cui tali concetti sono differentemente percepiti, gli uomini posseggono la concezione del giusto e dello sbagliato.
Quasi tutti gli uomini, come si diceva in precedenza. Ritornando quindi alla infame proposta descritta all’inizio, si è sostenuto che una piccola percentuale di persone porterebbe a termine il compito senza troppe difficoltà. Queste persone, che la psicologia moderna descrive come psicopatici, agiscono seguendo una forma mentis strutturalmente diversa rispetto a quella degli altri uomini. L’uomo comune, con tutte le sue debolezze e le sue piccole e grandi meschinità, nel valutare diverse opzioni utilizza in primis lo schema giusto-sbagliato e nel momento di effettuare una scelta queste sono le prime categorie con cui si confronta; ovviamente, questo non impedisce che la scelta possa ricadere anche sulla possibilità valutata nel profondo come “sbagliata”, ma questa preferenza sarà accompagnata da sentimenti di rimorso e da sensi di colpa, di entità grande oppure trascurabile. Lo psicopatico si distingue in quanto incapace di provare questi sentimenti: dinnanzi ad una scelta il suo pensiero non ragiona seguendo le categorie di “giusto” o “sbagliato”, concetti a lui del tutto sconosciuti, ma analizza ogni situazione in base alla convenienza: non “bene” e “male”, quindi, ma “utile” e “dannoso”. Il dubbio dello psicopatico si concentra esclusivamente sulla utilità di una azione: se porta benefici sarà compiuta, altrimenti se ne asterrà.
Nel nostro caso, secondo tale schema mentale, l’azione da compiere – l’uccisione dei bambini – porta esclusivamente benefici, dal momento che chi commette il gesto non rischia di venire scoperto e punito. Se le persone comuni rimangono spesso disorientate dinanzi a criminali che commettono efferati delitti è proprio perché non facilmente possono immaginare che vi siano uomini che hanno una forma mentale totalmente diversa dalla loro, uomini che in apparenza non si distinguono in nulla dai loro simili e che è difficile individuare tra coloro che ci circondano.
E’ noto, ad esempio, di come la polizia americana utilizzava in passato una sorta di test per scoprire se determinati sospetti possedessero questa “mentalità criminale” di stampo psicopatico.
Al  “candidato” veniva proposto di risolvere un particolare quesito, formulato come segue: al funerale della madre, una donna nota un uomo che non aveva mai visto prima, e ne rimane notevolmente attratta; dopo alcuni giorni, quella donna uccide la propria sorella. Perché l’ha fatto?
(chi non conoscesse questo test, prima di procedere con la lettura dell’articolo può provare a riflettere sulla soluzione)
La maggior parte delle persone non è in grado di fornire la risposta corretta, mentre la quasi totalità degli psicopatici risolve il quesito senza difficoltà.
La risposta giusta è infatti la seguente: la donna uccide la sorella perché così al suo funerale avrà molte probabilità di rincontrare l’uomo che l’aveva affascinata.
Una persona comune non riesce a risolvere il test perché difficilmente immagina che una donna possa arrivare a compiere un gesto così tremendo per un motivo così futile, con lucida premeditazione.
Lo psicopatico, al contrario, ragionando secondo un semplice schema di utilità, comprende immediatamente le motivazioni della donna: se ogni questione di carattere morale è infatti accantonata, l’agire della donna risulta perfettamente logico.
Vi è un problema da risolvere (la donna vuole rivedere un uomo di cui non sa nulla) e la soluzione più facile è fare in modo che ci sia un altro funerale in cui egli possa partecipare: essendosi presentato al rito funebre della madre aveva dimostrato infatti di avere un qualche legame con la famiglia, e di conseguenza avrebbe partecipato anche a quello della sorella. Lo studio della forma mentis degli  psicopatici possiede un interesse “antropologico”, ovviamente, ma quello che è ancora più importante è il comprendere cosa succeda quando una persona simile arriva a detenere un posto di potere, e comprendere come la psicopatia come condizione rappresenti un grande vantaggio per il raggiungimento di questo obiettivo; è infine importante riflettere sul modo con cui lo psicopatico diviene in grado, una volta salito in alto nella gerarchia sociale, di influenzare il sentire comune trasmettendo la sua distorta percezione delle relazioni umane.
Un celebre caso di “teoria psicopatica applicata” potrebbe essere, per fare un esempio concreto,  il Principe di Niccolò Machiavelli: in esso, una sorta di guida per il signore rinascimentale, non si trova alcun riferimento ai concetti di “giusto” o “sbagliato”, e le azioni non vengono mai valutate secondo criteri di “moralità”.
Vi è un fine, il potere che il principe deve mantenere a tutti i costi, e guerre e stermini ed ogni genere di atrocità vengono valutati solamente in base all’utilità che dimostreranno nel permettere il raggiungimento di quel fine. Machiavelli rappresenta un esempio paradigmatico di psicopatia, e quello su cui occorre soffermarsi, quello che bisogna scoprire, sono le motivazioni che hanno portato nel tempo la forma mentis degli psicopatici a prevalere su quella della maggioranza, influenzando con il loro esempio la grande massa del popolo “ricettore”. Quando si è completato, tale processo, e come è potuto succedere?


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